Chisiamo


Presentazione


Per presentare pubblicamente il metodo con cui esercito la professione di avvocato, non posso non prendere spunto dall'esperienza sin d'ora vissuta con gli assistiti.
Al primo appuntamento chi si rivolge ad un avvocato narra a quest'ultimo una serie di fatti e magari gli sottopone all'esame qualche documento; fondamentalmente il potenziale cliente rappresenta al professionista un problema: "matasse (..) imbrogliate", come disse l'esperta Agnese. Tra fatti narrati, emozioni manifestate, opinioni espresse al termine del colloquio un inevitabile quesito è posto: "che cosa mi consiglia di fare avvocato ?"
La particolarità di questo interrogativo sta nel fatto che chi lo pone è una parte, cioè l'elemento di un insieme più complesso. Dunque, il problema si rappresenta come una questione di relazione: la parte che chiede assistenza legale è in contrapposizione con qualcun altro (relazione), lamenta di aver subito un torto e conseguentemente desidera ottenere ragione, o per un proprio comportamento ha ricevuto lagnanza da qualcun altro.



Esemplifico per chiarire.
Può accadere di ricevere - ahimè - la notificazione di una "multa" per violazione dei limiti di velocità. In questo caso all'avvocato è rappresentato un problema di relazione con l'esercizio di un pubblico potere, cioè l'ufficio che ha emesso la cosiddetta "multa".
Il "bandolo" delle "matasse" - continuando la metafora manzoniana - può essere trovato dall'avvocato, utilizzando quello che la stessa legge della professione individua quale mezzo: "(..) i principi dell'ordinamento" (art. 8 Legge n. 247 del 2012: impegno solenne che l'avvocato assume per esercitare la professione [1]).
"I principi dell'ordinamento" può apparire una locuzione tanto solenne, quanto evanescente, tanto doverosa nell'assunzione di un pubblico impegno, quanto affievolita nell'esperienza quotidiana. A testimonianza dell'alto valore di questo impegno tenterò di fare un'approssimativa applicazione di questi principi al caso sopra esemplificato.
Chi legge la "multa" notificata, può constatare che il testo è così organizzato: intestazione con indicazione di un ufficio (es. Ministero ... Dipartimento della P.S. oppure Comune di ... Servizio di Polizia Locale ... ecc.), data, nome e cognome dell'accertatore, nome e cognome del trasgressore e dell'obbligato in solido, descrizione del fatto, riferimento alle norme violate, sanzione, avvertimenti, sottoscrizione. Lo schema della "multa" corrisponde al "modello VI.1", allegato al regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada e a sua volta rispecchia i requisiti di cui all'art. 383 del citato regolamento; quest'ultima norma specifica la forma che deve assumere la contestazione dell'infrazione stradale, quando questa ricorra ai sensi degli articoli 194 e seguenti del codice della strada.
Qui volutamente mi fermo e ometto il richiamo ad ulteriori norme per esigenze di semplificazione.
Quello che è stato sinora espresso può apparire poco chiaro, quasi enigmatico. Le diverse norme, così come sono state sopra richiamate, possono ingenerare il sospetto che si tratti di un linguaggio proprio di un "azzeccagarbugli", che in forza della tecnicità di alcuni vocaboli vuole giustificare o delegittimare la "multa" notificata al malcapitato. In realtà, l'esempio mostra che il primo quesito che si pone l'avvocato è quello di cercare quali norme disciplinino il caso sottoposto dall'assistito; il secondo quesito è quello di ricercare i rapporti che intercorrono tra le varie norme.
Nel caso preso in esame si è già grossolanamente individuata tra le norme una relazione orizzontale specie - genere (dal modello della contestazione - verbale di accertamento alla disciplina sulla contestazione dell'illecito) e una relazione verticale - gerarchica tra la norma del regolamento del codice della strada (c.d.s.) e quella della legge del medesimo codice. Se si proseguisse nell'analisi altre norme assumerebbero rilievo ed ulteriori connessioni sarebbero dimostrate. E passo dopo passo, norma dopo norma, la vetta sarebbe presto raggiunta: il principio di legalità, principio fondamentale che in riferimento all'attività amministrativa è definito dagli articoli 25 e 97 della Costituzione, cioè dalla carta fondamentale del nostro Stato. Questo principio dell'ordinamento - all'inizio così poco evidente -, per cui ci si è messi alla ricerca per trovare il "bandolo", prescrive la fondamentale regola di giudizio per assistere il nostro cliente. E' la legge ad individuare chi (ci si ricordi il modello del verbale: intestazione della Pubblica Amministrazione e del suo Ufficio, identificazione dell'accertatore ....), come (descrizione del fatto e riferimento alle norme violate) e quando (data) può contestare ad un soggetto (trasgressore) un'infrazione al codice della strada.

Perciò, più quella "multa" sarà lontana dall'essere pratica e concreta applicazione del principio di legalità, tanto più per un avvocato si apriranno spazi per difendere il cliente, ricorrendo anche al giudizio della Magistratura (art. 24 Costituzione) per ripristinare la corretta applicazione della legge.
Ogni principio dell'ordinamento è fondamentale per la scelta di una strategia di difesa. Se il problema dell'assistito - come detto all'inizio - è una controversia, cioè una questione legata ad una relazione, è necessario ritrovare quella superiore regola di giudizio - appunto il principio - che dirime - nel senso proprio di questo verbo, cioè separa, divide - torti e ragioni, giusto ed ingiusto, lecito ed illecito.
Giunti a questo punto confido chi ha sinora letto queste righe non si arresti. Se lo farà, mi scuso per la perdita di tempo; ma se una minima curiosità è ancora viva, la mia promessa è di essere breve nelle prossime righe.
Sinora il mio sforzo è stato quello di esplicitare il metodo, a cui cerco di attenermi nel diligente esercizio della professione di avvocato. La mia non appaia presunzione, perché quanto espresso è una metodologia né innovativa, né originale, bensì il frutto di una riflessione sulla quotidiana esperienza di avvocato e... di qualche lettura.
Forse non è usuale per un avvocato esprimere considerazioni di metodo per presentare e rappresentare la professione che ama svolgere. Quanto mi stava a cuore pubblicare non è la banalizzazione di una teoria, bensì l'impegno di pensiero che fonda ogni difesa.
Ad ogni caso, per un avvocato si impone una nuova ricerca di principi, una nuova riflessione tra fatti e norme.
Ecco perché ho considerato il più comune provvedimento amministrativo sanzionatorio, cioè la "multa". La contestazione di un illecito stradale non è affatto "qualcosa di banale", bensì è l'espressione di un articolato esercizio di un pubblico potere, la cui autorità sta nei principi (Costituzione), con cui regoliamo il nostro vivere in società. Nel caso in esame il problema non è la violazione dei limiti di velocità - che l'assistito potrebbe aver commesso o meno, ammettere o negare -, bensì se nei confronti del destinatario di questa contestazione sia stato esercitato correttamente - meglio, legittimamente - il potere pubblico di accertamento e di sanzione per violazione del codice della strada da parte di un Ufficio.
Alla luce di quanto sinora detto il diritto non sia percepito come qualcosa di astratto che vive in codici, in cui qualche leguleio cerca " (...) quelle cose che a noi non verrebbero in testa, a pensarci un anno", come ha narrato la sagacia del Manzoni. Il diritto fa parte delle nostre esistenze, perché " (..) è nato con l'uomo, inscindibilmente collegato alla vicenda umana nello spazio e nel tempo. Insomma il diritto non è scritto in un paesaggio fisico che attende ancora un inserimento umano, è scritto nella storia, grande o minuta, che, dai primordi ad oggi, gli uomini hanno costantemente tessuto con la loro intelligenza e i loro sentimenti, con le loro idealità e i loro interessi, con i loro amori e i loro odi. E' all'interno di questa storia costruita dagli uomini che si colloca il diritto, lì è soltanto lì" (Paolo Grossi, Prima Lezione di diritto, ed. Laterza, Bari, 2003, pag. 12). Di questo pensiero sono grato debitore all'Emerito Professore - pocanzi citato -, oggi Presidente della Corte Costituzionale e a tutti quelli che con me amano il diritto.



1 Per completezza si riporta il testo integrale della norma: "Per poter esercitare la professione, l'avvocato assume dinanzi al consiglio dell'ordine in pubblica seduta l'impegno di osservare i relativi doveri, secondo la formula: "Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento".

IlCurriculum

Diploma di Maturità Classica (anno 1995), conseguito presso il Liceo Classico "Celio" di Rovigo.
Laurea in Giurisprudenza (anno accademico 2001-2002), conseguita presso l'Università di Ferrara, in data 17 marzo '03. Titolo tesi: "L'autorità del diritto in Savigny". Materia: teoria generale del diritto. Si tratta di una dissertazione storico - filosofica che affronta il problema dell'osservanza del diritto, interpretando il pensiero del giurista tedesco vissuto nel XIX sec.

Attestato di idoneità per la difesa d'ufficio, rilasciato dall'Ordine degli Avvocati di Padova, conseguito il giorno 20/07/2004.

Diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell'Università di Padova conseguito in data 19/07/2006. Titolo tesi: "Il riconoscimento da parte del venditore dei vizi della cosa venduta e l'assunzione dell'impegno ad eliminarli. Problematiche in materia di garanzia per vizi nella compravendita". Materia: diritto civile.

Dal 22/09/2008 al 10/11/2010 iscrizione all'Elenco dei difensori d'ufficio del Tribunale Ordinario.

Iscrizione alla Camera Penale di Padova "Francesco de Castello" dal 23/09/2014.

Attestazione dell'Ordine degli Avvocati di Padova del 01/07/2016 sul regolare adempimento degli obblighi formativi nel biennio 2014 - 2015.

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